Dal Separatismo all’autonomia regionale “Dr. Fabrizio Fonte”

Appuntamento per Martedì 2 Agosto in Piazetta San Domenico Erice vetta.

Il fenomeno più grave, all’indomani della fine della Seconda guerra mondiale, con cui il governo nazionale dovette confrontarsi, nella difficilissima fase dell’affermazione della propria autorità e della creazione delle premesse per il nuovo assetto istituzionale del Paese, fu costituito dalla nascita del «Movimento per l’Indipendenza della Sicilia», che, guidato da Andrea Finocchiaro Aprile, acquisì tra il 1943 ed il 1947 un vero e proprio carattere di massa, reclutando centinaia di migliaia di aderenti in tutta l’Isola.

In quel frangente sembrò presentarsi, dunque, un’occasione a dir poco storica per la definitiva affermazione dell’idea indipendentista siciliana. La crescente insoddisfazione, a seguito della formazione del nuovo Stato nazionale, aveva lasciato, infatti, sedimenti non superficiali nell’opinione pubblica siciliana, che riaffiorarono animatamente con il crollo del regime fascista.

Il governo di Roma dovette pertanto prendere decisioni difficili, anche a rischio di sbagliare, prima di disinnescare la minaccia separatista e riassorbire un fenomeno la cui importanza non può in sede storica essere, in alcun modo, sottovalutata. Il riconoscimento alla Sicilia dello Statuto speciale di Autonomia, la cui elaborazione fu affidata ad un’apposita Consulta Regionale e recepita, il 15 maggio 1946, per Decreto Luogotenenziale dal governo, è certamente il frutto delle pressioni poste in essere dal «Movimento per l’Indipendenza della Sicilia». Oggi, sulla complessità politica di quel periodo che portò alla conquista dell’Autonomia regionale, si ritorna a riflettere anche alla luce delle rivendicazioni secessioniste dei nostri giorni che riprendono, a posizioni geografiche invertite, le vicende siciliane del secondo dopoguerra.

La storia della conquista dello Statuto speciale di Autonomia colpisce, di fatto, ancora oggi per le reali motivazioni che stanno alla base della concessione di questo strumento giuridico. Anche perché i poteri concessi al governo dell’Isola nel lontano 1946 oggi vengono richiesti a gran voce dalle regioni del Nord ed, invece, le classi dirigenti siciliane non hanno saputo/voluto approfittarne, in tutti questi decenni, per porre in essere un tangibile sviluppo economico. Le conseguenze di queste scelte sono purtroppo sotto gli occhi di buona parte di quei siciliani che, nonostante la disastrosa situazione socio-economica, continuano a “sopravvivere” nell’Isola.

C’è da dire che, pur avendo lo Statuto speciale di Autonomia delineato una sorta di assetto federalista ante litteram, a tutt’oggi la Regione non ha ancora visto la concreta attuazione della sua autonomia finanziaria. Se si fossero realmente applicati, infatti, gli articoli 37, 38 e 40, con le relative risorse, la Sicilia oggi avrebbe potuto certamente godere d’infrastrutture paragonabili a quelle della Catalogna (che dal 1975 ai giorni nostri ha avuto uno sviluppo straordinario) o della Baviera che, si badi bene non hanno compiuto dei miracoli, hanno semplicemente immaginato e, soprattutto, realizzato un concreto «piano strategico» per il loro futuro. Del resto, in tempi decisamente non sospetti, Alcide De Gasperi parlando del nostro Statuto disse: «gli Stati non si creano soltanto con una legge o con uno statuto; più della legge vale il costume, più del decreto varrà l’attuazione pratica che i siciliani ne faranno».

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